La salita della famosa cresta Preuss all’Aiguille du Savoie (3304m) effettuata da 4 cordate del 69° corso di alpinismo della Scuola Gervasutti. Qui nel racconto di Eugenia Passet
Il rifugio Dalmazzi spunta piccolo ma fiero su un promontorio in mezzo alle montagne, dalla sua terrazza domina tutta la Val Ferret e divide il mondo reale dal mondo avventuroso e surreale degli alpinisti. Con una bella passeggiata che in questa annata si presenta più semplice per la poca neve, si arriva al cospetto del ghiacciaio che pian piano si sta ritirando e si trasforma in rivoli di acqua che scorrono verso valle. Come si addice ad una buona scuola, il primo giorno è stato dedicato ad illustrare le manovre di soccorso e di recupero.
Uno dei grandi centri dell’arrampicata d’aderenza è senz’altro Grimsel, un Eldorado di granito. A scoprirla nel 1981 e a chiamarla Eldorado sono stati due fratelli svizzeri : Claude e Yves Remy, ai tempi nella foto accanto; la loro vita è una bella storia che consigliamo di leggere. Eldorado è una gigantesca e perfetta placconata di granito lisciata dai ghiacciai. Una parete da sogno che non ha eguali; si erge per oltre 500 metri dalle acque del lago di Grimsel da cui prende il nome. Una parete che non ha una cima vera e propria da conquistare, ma solo il piacere di arrampicarcisi sopra; anche se la scalata è prevalentemente di placca non mancano dei magnifici diedri regolari e belle fessure da integrare con protezioni mobili.
“Safe!” Urlava al suo compagno di cordata il norvegese di fianco a noi, per avvisarlo che si era appena assicurato in sosta. Mentre noi cercavamo di non appenderci, stando in equilibrio su di uno spigolo appena accennato, il nostro vicino si rilassava appeso a due nut, mentre il suo secondo avanzava. Due nut certamente ben posizionati, ma pur sempre due nut in tutto, pure piccolini! Ma dove siamo finiti?! Ben oltre il circolo polare artico, le isole Lofoten offrono paesaggi mozzafiato, natura incontaminata e scalate entusiasmanti: i nostri otto giorni sono stati accompagnati da un sole caldo, che tramontava solo verso le 10,30 di sera, lasciando ancora un piacevole chiarore e da climbers dalle più svariate provenienze.
Cos’è ? Una via di grande respiro, nata e realizzata per il puro piacere di scalare, senza particolari ingaggi psicologici in un luogo di grande bellezza.
Dove? Sulla punta Phuc del Monte Castello, nel mitico vallone di Noaschetta nel gruppo del Gran Paradiso. Un luogo selvaggio, un tempio della natura alpina. La punta Phuc, evidente ed importante, non era mai stata salita e la sua parete principale era completamente vergine.
Ricorda molto lo Scoglio di Mroz, ma alto più del doppio e più verticale. Il versante Sud e la bassa quota, intorno ai 2000 metri, la rendono fruibile da maggio ad ottobre.
Dov’è la punta Phuc ? In effetti punta Phuc è un nome dato da me, perché il Monte Castello come montagna non è identificabile, è un nome generico dato ad una imponente bastionata rocciosa con diverse punte a sé, che da fondo valle, sul lato orografico destro, arriva fino all’Alpe la Bruna.
Phuc in vietnamita vuol dire fortunato, buona sorte e si legge Fuc.