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Cresta Preuss AD+

IMG 9252 (Large)La salita della famosa cresta Preuss all’Aiguille du Savoie (3304m) effettuata da 4 cordate del 69° corso di alpinismo della Scuola Gervasutti.
Qui nel racconto di Eugenia Passet

Il rifugio Dalmazzi spunta piccolo ma fiero su un promontorio in mezzo alle montagne, dalla sua terrazza domina tutta la Val Ferret e divide il mondo reale dal mondo avventuroso e surreale degli alpinisti. Con una bella passeggiata che in questa annata si presenta più semplice per la poca neve, si arriva al cospetto del ghiacciaio che pian piano si sta ritirando e si trasforma in rivoli di acqua che scorrono verso valle. Come si addice ad una buona scuola, il primo giorno è stato dedicato ad illustrare le manovre di soccorso e di recupero.

Photo 18 06 2017, 07 53 21 (Large)La sera arriva finalmente il momento tanto atteso da tutti: la formazione delle cordate e la scoperta della meta attesa per il giorno dopo. Quattro cordate hanno deciso di affrontare la famosa cresta Preuss che solca l’Aiguille du Savoie (3304m), ma soprattutto la sveglia alle 3.45 del mattino. Alle 9 della sera alcuni tra istruttori e allievi erano già sotto le coperte, è facile immaginare chi. Suona la sveglia, scendiamo cercando di fare meno rumore possibile, ma con un po’ di invidia per chi la sveglia ce l’ha ancora lontana. Colazione abbondante, facce assonnate ma trepidanti, voglia di dormire ma anche voglia di partire. Alle 4.30 le quattro cordate escono dal rifugio, l’aria è fredda ma non quanto ci si aspetterebbe, le frontali in fila indiana si muovono verso la meta.

Quando il cielo incomincia a schiarirsi siamo già con i ramponi ai piedi e l’odore è quello frizzantino che si respira solo la mattina presto su un ghiacciaio. Arrivati alla base, mentre ci prepariamo, ne approfittiamo per ascoltare un po’ di storia. L’apritore, Paul Preuss, nasce in Austria nel 1886 e muore alla giovane età di 27 anni nell’ottobre del 1913 precipitando durante la scalata dello spigolo nord del Mandlkogel, una montagna in terra natia. E’ proprio nel 1913 che sale la cresta sud est dell’Aiguille du Savoie che porta il suo nome. Preuss era un sostenitore delle salite in solitaria, affidandosi non alla sicurezza data da mezzi artificiali, bensì a quella acquisita tramite una corretta valutazione delle proprie capacità. Incantate dai racconti, le quattro cordate incominciano la salita verso la vetta. Il primo ostacolo è uno stretto camino che le relazioni riportano di IV grado e ovviamente tutti i pensieri vanno a Paul Preuss che da solo affronta queste difficoltà. Dopo aver ragionato a lungo, giungiamo alla conclusione che 

IMG 9229 (Large)condividere con un compagno di cordata queste esperienze è sempre più bello. La cresta si presenta di media difficolta, perfetta per i novelli dell’alpinismo, la roccia è un bel granito caldo rosso con sfumature verdi, il sole ormai è alto. Le prime esperienze in vero ambiente alpinistico sono sempre indimenticabili, sentimenti contrastanti accompagnano tutta la salita. Conoscere il terreno, sentirsi sicuri e padroni di se stessi e del percorso sono qualità che si acquisiscono solo con tempo, fatica e dedizione e questa salita ce lo ha dimostrato. Si segue il percorso più facile e più logico cercando di non farsi ingannare. Sotto il sole che fa desiderare l’acqua, ogni tanto ci giriamo a guardarci intorno, sotto di noi il ghiacciaio che dovremo attraversare al ritorno, con quei crepacci mostruosamente aperti, sopra di noi il cielo azzurro brillante, e intorno solo montagne. La salita dura 7 ore e personalmente posso dire di aver pensato almeno una volta…ma quando finisce? Però, come ogni volta accade, tutte le fatiche vengono ripagate in cima. Finalmente ci sediamo e godiamo del panorama. Nessuno mi aveva detto che dalla punta dell’Aiguille du Savoie avrei visto tutto il bacino del Monte Bianco, e ovviamente non mi era venuto in mente che fossimo nella valle di fianco. Le Grand Jorasses, la Tour Ronde, il Monte Bianco in persona, i satelliti, il Tacul, l’Aiguille du Midi, la Mer de glace e poi ancora la Verte, i Dru. Una sola parola può descrive benissimo lo stupore: indescrivibile. Undici persone stanche ma felici di aver raggiunto l’obiettivo, di godere del sole e del panorama. Il bello della montagna è poter condividere le emozioni che questa ci scatena con persone che comprendono la nostra passione e non ci prendono per pazzi, come spesso fanno amici e genitori non del “mestiere”. L’obiettivo vero lo raggiungi quando, dopo tanta fatica e tante domande, non ti senti più fuori luogo tra quelle montagne, ma senti la voglia che ti spinge a scoprirne sempre un pezzo in più. E insieme alla montagna scopri anche un aspetto nuovo di te stesso: una nuova paura, una forza sconosciuta, un nuovo obiettivo, una priorità che prima non sembrava importante. Il valore aggiunto di andare in montagna con la Scuola, invece, è che, nonostante qualcuno durante la salita possa essere più veloce e qualcun altro più lento, in cima ci saranno sempre delle facce sorridenti ad aspettarti e con cui condividere una meritata fetta di salame.
IMG 9284 (Large)Le doppie sulla via moderna “Favola d’amore” di Motto ci portano a monte del ghiacciaio. Non resta che mettere i ramponi e scendere verso il rifugio per raggiungere gli altri compagni. La sensazione di pace e soddisfazione riempie l’aria che sa di nuovo di fresco come solo su un ghiacciaio quando cala il sole può sapere. Senza fretta si rientra. Una gita degna di essere chiamata alpinistica. Un’emozione degna di essere ricordata a lungo!

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