Di Seguito una serie di articoli tratti dall’archivio del giornale “La Stampa” di Torino. Articoli in cui si parla della Scuola Nazionale di Alpinismo “Giusto Gervasutti”: Si parla del carattere innovativo dei sui corsi, si parla di "Università della Montagna". Si parla anche delle "imprese" dei suoi istruttori. Un viaggio nella cronaca cittadina che, a questa distanza di tempo, forse inizia a farsi storia. E come il tormentone che un tempo si diceva ai bambini:La stòria è bela, fà piasì cuntela , t’ voli ch’ t’la cunta?
No no, non sono gli spit, non sono le placchette, ma sono loro: "The drill men". 994 metri da scalare non sono pochi, eppure li hanno apparecchiati in Val di Susa, a Cateissard. Insieme fanno circa 80 anni; non di età, li si va ben oltre. Ottant'anni nella Gerva. Anni a sgrossare allievi che sono diventati alpnisti o arrampicatori o, semplicemente hanno smesso. Però loro non hanno smesso. Non hanno smesso di scalare, non hanno smesso di insegnare, non hanno smesso di chiodare. Se si leggono le loro parole si potrebbe dire non hanno smesso di sognare: sognare luoghi meravigliosi dove scalare, lontani eppure vicinissimi solo a volerli raggiungere, solo a volersi ingaggiare, magari solo a fare due passi in più del previsto. Chi sono? Eccoli, con quella faccia un po così, quella espressione un po così che abbiamo noi che ci piace scalare. Ora non vi resta che venirli a conoscere nei nostri corsi. Per il momento un appunto sulla loro ultima creazione:
Con l’uscita alla falesia di Montestrutto si è conclusa la prima parte del corso di arrampicata base. Questa parte è una vera full immersion nel mondo dei nodi e delle manovre: una lezione intera dedicata all'apprendimento dei nodi fondamentali. Una “uscita” alla SASP del Palatazzoli in cui questi nodi si vedono in pratica: breve salita top rope, discesa in doppia con la longe già predisposta, risalita della corda, collegamento delle soste e ancora nodi. Tutto questo come preparazione alla prima uscita vera e propria in ambiente alle Courbassere nelle Valli di Lanzo, palestra di roccia che ha visto la formazione di praticamente tutti gli alpinisti torinesi: prova di tenuta della caduta del primo di cordata, ancora corda doppia e risalita della corda e movimento della cordata e ancora nodi e non solo: posizionamento delle protezioni mobili, costruzione e collegamento di una sosta, tecnica di arrampicata. Ancora una seconda serata alla SASP del Palatazzoli per affrontare le manovre di soccorso della cordata: la calata con il ferito e il paranco di recupero; un ripasso dei nodi e poi didattica di arrampicata.
Val Grande in Verticale, la nuova guida di arrampicata della Val Grande di Lanzo e del Vallone di Sea. Il volume recensisce tutto ciò che è arrampicabile in questo angolo delle Alpi Graie, sia per quanto concerne le vie lunghe che le falesie.
Il lavoro è la sintesi delle chiodature e richiodature di numerosi itinerari, soprattutto nel Vallone di Sea, iniziato nel 2015. Lavoro che non si esaurisce certamente con questa pubblicazione (richiesta e “pretesa” da molti) ma continua incessantemente, anche grazie al supporto del neonato Gruppo Valli di Lanzo in Verticale, sul cui sito www.vallidilanzoinverticale.it saranno inseriti aggiornamenti, news e relazioni post uscita.
Nella guida sono presenti anche contributi storici, sotto forma di racconti, di chi maggiormente ha scalato in Valle e conosciuto i personaggi che ne hanno fatto la storia.
Il volume è già acquistabile on-line sul sito www.ideamontagna.it e durante il raduno di arrampicata ed escursionismo La guida sarà poi disponibile negli usuali canali di vendita quale la Libreria della Montagna di Torino.
Una storia di esplorazione iniziata 40 anni fa e non ancora finita.
Raccontata da Alessandro Zuccon CAAI Istruttore della Scuola
La Punta di Fioni, l'aquila, la parete 1978, giovane allievo del Corso di Alpinismo Gervasutti risalgo per la prima volta il Vallone di Piantonetto. Il mio istruttore, Claudio Sant'Unione, decide che non ripeteremo una via, ma andremo invece in 'esplorazione'. Salimmo così uno dei numerosi speroni che precedono il Becco di Valsoera, su su fino alla sommità della cresta e poi giù dall'altro versante in un avventuroso rientro. Una "via nuova"? Sì, probabilmente sì, ma allora non la tenemmo in gran conto, nessuno fece relazioni od altro e oggi non ricordo altri particolari.
Ma forse nacque così il gusto per la ricerca, del muoversi dove non è mai passato nessuno o quasi, la capacità di fiutare un passagio dove non si vedono altro che rocce informi, vertiginosi canali e cenge sfuggenti.