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Corto Maltese - Nuova via in Val Soana

CORTO MALTESE

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Sto rileggendo un vecchio libro dall’ humor tutto inglese (tre uomini in barca) e allo stesso tempo chattando sui social.
Una tipa mi scrive che mentre io facevo la via del Divino e dell’Epidemico a Noasca, lei ha fatto la Via del Pesce.
Vado a vedere chi è la donzella, vedo che è una sportivona mica da ridere e va in montagna come piace a me.
Peccato sia di Milano…sarà una che se la tira a prescindere. Va beh, non diamo retta ai pregiudizi e avventuriamoci nella comunicazione impersonale dei messaggini in rete, con faccine, battute e tutto il resto.
Accidenti, viene fuori una tipa competente, simpatica che risponde in modalità free. Sarà sicuramente una milanese di adozione.

 

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Drinnn … “ciao Geppo, come stai??”
“Oilà il grande Berni, qual buon vento? Hai finito di ripararmi gli occhiali da 18 mesi nel tuo studio???
“ma chi se ne frega dei tuoi occhiali, comprane un paio nuovo”
“non posso, sono in bolletta ho comprato i rinvii nuovi”
“bene li usiamo subito: ho visto una via da fare, parete da favola, una bella linea sino in cima, ti interessa venire a chiodarla??
“ovvio che si, insieme al maestro di arrampicata e noto apritore di vie, qual migliore fortuna poteva capitarmi? Dove si va?”
“Val Soana, parete dell’ Ahperian”
“E si hanno lasciato una via a te…. Suvvia i local hanno aperto tutto l’apribile! …ci sono 3 o 4 vie, come fai a tirarne una nuova??”
“Ti ho detto che c’è, l’ho vista scendendo da Allegro con Brio, si passa tutto a sinistra, placche e fessure come si deve, ci sarà da pulire un pochino, ma si passa di sicuro, fidati”.
Passano 15 giorni e siamo in macchina verso Ivrea, dobbiamo prendere un’amica del Berni che si è aggregata per vedere capire cosa muove l’uomo sapiens a comportarsi da primate della foresta del Borneo.

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Dissento, si annoierà da morire a vedere due che chiodano tutto il giorno mugolando parole ed esprimere concetti poco comprensibili agli umani.
Il Berni mi dice che è una persona speciale, di non preoccuparmi che sarà una bella giornata.
Arriviamo al parcheggio di Ivrea.
Minchia papà!! Dalla macchina scende Valerik, a riconosco è la tipa con cui avevo chattato alcune settimane prima, quella della via del pesce di aprile!
Beh singolare situazione, roba che accade solo nei film, però è accaduta. Non mi faccio domande e prendo la cosa come una semplice coincidenza,
Valerik non delude l’impressione di alcune settimane prima, oltre ad assomigliare alla Eva Kant di Diabolik (da qui il suo nuovo battesimo), si dichiara pronta a sopportare questa terribile prova di fare cordata con due alpini fuggiti dall’ospizio.
Durante il viaggio in auto si chiacchera a ruota libera ed è rilassante sentire tutte le boiate che spara il Berni e le diplomatiche argomentazioni che Valerik pone a difesa del vecchio bacucco.
Arrivati sotto la parete, solito parcheggio e via a cambiarsi e mettere insieme uno zaino dal peso elefantiaco.
Ci sono altri alpini al parcheggio, che andranno a ripetere le vie classiche. Ce la tiriamo un pochino mettendo in evidenza trapano, soste e spit, ….dai che adesso ci chiedono cosa facciamo!
Manco per il Kaiser, anzi alcuni di loro riconoscono Berni e chiedono (solo a lui) se è il Bernini che ha chiodato al Dalmazzi. Lui come una diva di avanspettacolo, pavoneggia le vecchie vie e illustra il progetto in cantiere.
Ovviamente nè Valerik né io siamo considerati. Non pago il Berni riconosce, tra i suoi adulatori, anche un suo vecchio compagno di scuola.
Kaiser… oggi hanno spostato la puntata di CHI L’HA VISTO? in Val Soana.
Dai andiamo all’attacco della parete, che si parla già troppo.
Ci saranno 20 minuti di facile sentiero, con ortiche alte 2 metri…che il Berni affronta in pantofole da spiaggia e calzoncini corti…. Che uomo impavido!

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Alla vestizione da “pronti via” il nostro eroe, si lamenta che le ortiche l’hanno punto per colpa dei pantacollant non più adatti, Valerik, con la dolcezza di una mamma polacca che rimprovera il proprio figliolo, gli fa notare che ci sono più buchi in quel pantalone che in una forma di gruviera svizzera!
Incurante di ciò parte per il primo tiro che è in comune alla via Eno Valerio e le altre vie della parete e, arrivato in sosta, partiamo noi.
Tra attrezzatura, trapano, chiodi, spit, catene e armentario vario, ci inerpichiamo come bisce d’acqua esauste. Mi rifiuto di arrampicare e “ciapo e tiro” tutti i rimandi, ho un peso enorme sulle spalle che se solo provo a fare un passo in placca, faccio un doppio carpiato sulla schiena.
Valerik ha uno zaino meno ingombrante, ma pesa anche il suo. Lei però arrampica …la classe delle milanesi…non si discute!
Dalla sosta dove sta il Berni mi sposto a sinistra e metto il primo spit della via, mi allungo di qualche metro e piazzo la sosta su una soffice cengia erbosa.
Ok da qui si parte, una bella placca con ristabilimenti che non sembrano facili ma sicuramente possibili.
Tocca al Berni che si addobba come Babbo Natale e parte per il tiro.
“metti sto cazzo di spit”….
“aspetta faccio ancora un passo”
“metti sto spit…se scivoli superi la sosta e mi sporchi lo zaino di materia cerebrale!”
“adesso, adesso, lo metto”
E’ inutile, sulle placche il Berni è bravo e così il primo spit lo piazza alto, così come tutti gli altri.
Arriva in sosta e partiamo noi.
Nulla da dire, una placca da spalmo caratteristica del posto con spit certo non plasir.
Arrivo in sosta e cominciamo a trattare sulle distanze degli spit.

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Discussione inutile perché arriva Valerik che gli fa notare che un paio di spit non andrebbero male.
Ovviamente il Berni concorda …. E io penso di sfregiarlo con l’acido!!
Ora tocca a me, vestizione diversa, non sembro Babbo Natale ma sono una cosa sola con la Befana.
Il tiro non presenta difficoltà, se non in un singolo passo, solo che non trovo una roccia pulita, come nel primo tiro, salgo su un pulpito e vado a destra, piazzando una buona sosta sulla verticale della parete.
Recupero i soci e li si attiva una discussione – tipo rinnovo del contratto dei metalmeccanici - su dove proseguire e che ci porta alla conclusione che per oggi ci fermiamo qui.
Si buttano le doppie, che ci riportano direttamente agli zaini in un’unica calata e via verso il baruccio di Pessetto, dove ci aspetta una meritata birra e panino.
La contrattazione su dove passare riprende e, con buona pace di noi due, ogni volta che Valerik fa la sintesi delle cose dette, poi decide e noi concordiamo all’unisono.
La decisione più importante è che le fessure le puliamo ma niente spit, devono essere attrezzate con protezioni veloci, lo spit solo in placca o dove la fessura è troppo piccola o inutilizzabile per la protezione, anche se discuteremo per ore su cosa sia proteggibile in base alla rispettiva grandezza delle proprie dita.
Passano 15 giorni, è lunedì, mi sono preso ferie e il Berni ha il negozio chiuso, la Valerik ci aspetta ad un altro casello, San Giorgio Canavese, pare sia intenzionata a fare una guida sui caselli autostradali utili per parcheggiare l’auto e avventurarsi nelle valli attigue.
È una pubblicitaria ed organizzatrice di eventi, non potrà che produrre un ottimo risultato, anche se dubito che le copie vendute potranno superare le dita di mezza mano.
Stesso parcheggio sotto la parete, oggi solo una cordata tutta al femminile che prende e parte. Da parte nostra stessa movimentazione di zaini, stesso peso assurdo sulle spalle.
Stavolta il Berni ha una calzamaglia nuova fiammante, regalo di Valerik che si è privata di un suo capo intimo per valorizzare il lato B del Berni nelle foto che oggi sono in programma, mi sento di intralcio. ma la via va conclusa e non posso abbandonarli sulla strada (anche perché l’abbandonato sarei io…la macchina è del Berni!).
Ripartiamo.
Tre tiri della volta scorsa con aggiunta di un paio di spit come da decisione ultima.
Arrivati alla sosta della volta scorsa, si riparte.
Berni sale prima a destra, spitta attaccato a un chiodo messo di rovescio in una fessura (cosa direbbe Ugo?? Lo possiamo far vedere agli allievi la prossima volta??) e poi un secondo spit in placca liscia.
Si allontana con movimenti gatteschi e poi si caga addosso.
La fessura che voleva utilizzare è praticamente una grossa placca (tipo frigorifero da 400 litri) appoggiata. Non viene certo giù ma giustamente, ritiene che sia meglio non disturbarla e lasciare che almeno due o tre ere geologiche, la fissino al resto della parete.

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Tutto a sinistra con un bel passo e poi dritto per fessure sporche di erba ma che necessitano di essere solo pulite.
Non lo vediamo più, ma lo sentiamo avanzare lentamente ed emettere suoni gutturali che Valerik non comprende, ma che io conosco bene, sono il richiamo del chiodatore a madre natura che concupisce con lo stesso facendogli trovare fessure vergini e placche tettose.
In questi casi il chiodatore non va assolutamente disturbato affinchè il coito sia raggiunto serenamente, alcuna parola deve essere proferita da parte degli assicuratori che devono assistere in religioso silenzio e aspettare cha la sosta sia piazzata.
Tiro bello, partenza difficile e poi fessure sottili dove scopri quanto sia stata utile l’invenzione dei micro-friend.
Tocca a me.
Questa volta la roccia è perfetta, devo solo trovare la soluzione per non andare sopra la variante difficile di Allegro con Brio. Ci riesco stando sulla sinistra e sfruttando delle belle placche e poi una fessurona da proteggere con friend rossi e gialli. Decido di non uscire in comune con la via esistente e passo sulla dorsale più a sinistra e arrivo a piazzare la sosta. Non grandi difficoltà ma un tiro ben lungo, il più lungo della via, con un paio di movimenti da capire.
Berni arriva e gradisce. Valentik arriva e si mette a prendere il sole.
Ultimo tiro.
Consultazione e decisione finale. Si tira dritto a sinistra, si passano due placche collegate da fessure pieni di erba ma sicuramente sfruttabili.
Berni parte e agisce come da programma.
Risentiamo nell’aria i suoni dell’amplesso cosmico del chiodatore, ma questa volta rimaniamo indifferenti..
La Valerik si adagia, con i piedi doloranti, alla base della sosta per riposare le reni martorizzate dai lunghi periodi di sosta ad assicurami.
Io assicuro il Berni, dimostrandogli tutto il bene che gli voglio, con una bella corda lasca…ma prodigo di consigli su dove mettere gli spit.
Non mi caga minimamente (lo stesso ho fatto io con lui nel tiro precedente…ma è così che ci si diverte!) piazza spit e inserisce friend in posti che, dal basso, sembrano inusuali.
Mentre assicuro chiacchiero con Valerik, scelta azzeccata essere in tre, il tempo passa più velocemente e si apprendono un mucchio di cose della vita delle persone, che poi alla fine è come leggere i romanzi finalisti del premio Strega.
Ogni tanto mi soffermo a guardare il colore degli occhi di Valerik, sono unici, poi lo sguardo cade…e si cade … allora ricomincio a dare del lasco al Berni, magari vola e vediamo qualcosa di eccitante.
Finito il tiro, piazza la sosta e ci recupera. Kaiser, bel tiro, il più bello della via, peccato sia l’ultimo.
Mentre buttiamo le doppie cominciamo a immaginare dove si potrebbe continuare per raggiungere la parete su in alto, concordiamo che ci verremo un’altra volta.
Calate belle filanti, anche le doppie vanno bene.
Bene la via è finita, ora occorrerà ritornare per pulire le fessure e i soliti licheni che si spalmano sulle placche, nulla in confronto ai lavori di disgaggio fatti in passato su altre pareti.
Birra e patatine al bar, quattro risate e soliti commenti scemi sull’utilità di chiodare delle vie, sul fatto che stiamo raschiando il fondo del barile, e che CORTO MALTESE sarà il nome della nuova via.
CORTO MALTESE era il, poco conosciuto, soprannome di un grande e innovatore personaggio dell’arrampicata piemontese: Roberto Bonelli conosciuto da Berni, a cui si deve anche l’idea di dedicargli una via.

GPP.

TRACCIATO

Bonelli, bene o male, sappiamo un po’ tutti chi fosse e cos’ha fatto, per chi non conoscesse a sufficienza il personaggio esiste un bellissimo scritto sul Blog di Alessandro Gogna.

Roberto lo conobbi all’incirca nel ’98, al rifugio Giacoletti.
Vi arrivai di sera, per un’uscita del Corso di Alpinismo con la Scuola Motti l’indomani, il Direttore mi disse che avrei avuto come allieva la compagna di Bonelli. Pensai mi prendesse per il culo, impensabile che la donna di Bonelli venisse a fare un corso CAI anziché apprendere da un mostro dell’arrampicata, quale lui era stato.
Andai, con Claudia, a punta Udine per fare Tempi Moderni, volevo domandarle, mah…non osai. Il primo tiro presenta un inizio non facile, difatti, quando fu il suo turno a salire, Claudia cadde rimanendo appesa alla corda, dal rifugio si senti urlare – sembri una mortadella appeeesaaaa- mi disse che era il suo compagno a deriderla, allora osai e le chiesi. Annui, era proprio quel Bonelli.
Scesi al rifugio me lo presentò. Ma cazzo, io il Bonelli me lo ricordavo con un cranio folto di capelli e basettoni, come da una delle rare foto su qualche rivista di montagna che lo ritraevano. Proprio come il personaggio di Hugo Pratt, Corto Maltese, che rammentavo essere uno dei soprannomi con cui veniva chiamato. Roberto capì e si derise da solo.
Amo i fumetti e conosco bene le storie di Corto, lui era più che altro un uomo di mare, cosa ci prendeva con Roberto che era uomo di terra, anche se verticale?
Forse che entrambi erano, a modo loro, estremi?
Credo che la similitudine fosse intrinseca proprio nelle parole di Corto: “Non sono un eroe, mi piace viaggiare e non amo le regole, ma ne rispetto una, una soltanto, quella di non tradire mai gli amici. Ho cercato tanti tesori senza mai trovarne uno, ma continuerò sempre, potete contarci, ancora un po’ più in là...”
In realtà, ma non so il perché, era proprio Bonelli che si faceva chiamare così, sostenendo di essere la reincarnazione “terrena” di Corto. Questa parte me l’ha svelata pochi giorni fa Massimo Demichela, suo storico compagno di merende.
Come arrampicatore ero un po’ cresciuto col mito del Nuovo Mattino, fu una bella conoscenza.
Durante la cena lo tempestai di domande, tra cui, ovviamente, se scalava ancora, rispose di no, che aveva più o meno smesso agli inizi degli anni ‘80, all’apice della sua vita arrampicatoria, e che tutti i traumi subiti praticando, successivamente, l’hydrospeed non gli avrebbero più permesso di scalare, anche se, tutto sommato non gli sarebbe dispiaciuto riprovare. Scoprii poi che aveva mentito, qualcosa aveva ancora fatto.
Parlando delle vacanze estive ormai imminenti parlai loro di quel fantastico parco giochi ch’è Ailefroide, e che ci andavo in ferie, nella settimana di Ferragosto, da svariati anni, da lì ad organizzare la vacanza assieme fu un attimo, grazie anche a Claudia che ne rimase colpita.
Fu l’inizio di una bella amicizia. Ma il destino fu con lui beffardo, si perché alla fine quella stessa estate Roberto riprese a scalare proprio lì e si innamorò di Ailefroide così tanto da tornarvi infinite volte, in vacanza con noi, con Claudia o per i fatti suoi. E proprio lì vi perse la vita, il 10 settembre del 2016…
Ricordo ancora i suoi aneddoti sul periodo del Nuovo Mattino ed i suoi personaggi, Non so per lui fossero ricordi lontani o ancora vivi nel suo cuore, era un personaggio davvero particolare, difficilmente lasciava trasparire le sue emozioni, era un dissacratore, un fantastico dissacratore.
Desideravo, dalla sua scomparsa, dedicargli una via, ma da tempo non aprivo più, sinché poco tempo fa scalando proprio all’Ahperian non mi resi conto che a sinistra della variante del Fratello c’era spazio per una linea autonoma: nacque Corto Maltese.
Un ringraziamento va senz’altro a Giampiero (Gpp), ed a Valeria (Valerik), per averci creduto, accompagnato, chiodato e pulito.

Berni

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